
La vita di campagna non è quella di una volta, sopratutto quando si produce il Biologico.
A partire dagli anni ’70 abbiamo visto ed in un certo senso ingoiato e digerito, réclame televisive (oltre che pellicole cinematografiche) di una “vita” di campagna che molto probabilmente si era già estinta 20 anni prima. Di sicuro nei primi anni del ‘900 e nel dopoguerra la vocazione agricola della penisola era preponderante sia negli scenari che nelle abitudini alimentari, ma con il boom dell’economia detonato negli anni 50-60 e durato fino agli anni ’90, la campagna ha visto solo uno spopolamento; dalla terra si migrava nel cemento delle città.

La pubblicità a volte inganna
In quel periodo lavorare la terra veniva considerata una opzione poco appetibile, viste le grandi opportunità che la rete cittadina poteva offrire, tra uffici, servizi ed industrie. Fu così che gli agricoltori vennero bollati come esercenti di serie B, in una nazione che al tempo era la quarta potenza industriale del pianeta. Eppure una gran parte dei consumatori, direi quasi tutti, erano ancora legati per una antropologia atavica, non solo ai prodotti della loro terra di origine, ma alla maniera con la quale si facevano le cosiddette “cose per bene”. In realtà questo legame era tenuto solamente dal cordone ombelicale tra le nuove generazioni di pionieri del proletariato delle fabbriche e le generazioni precedenti che spedivano agli emigranti i cesti di prodotti fatti in casa, appunto, alla vecchia maniera.
Ciò fu ovviamente intuito dai rampanti pubblicitari di ieri ed in parte adesso, per cui dietro ogni prodotto fresco o manipolato veniva mostrata una realtà contadina che faceva da garante per i prodotti industriali di massa. Dal frollino al vino, dal pane agli spaghetti, veniva lanciata in avanguardia una galleria di immagini totalmente antitetiche alla realtà dell’industria alimentare.
Enormi piantagioni di grano dorato si estendevano su ettari di terra incontaminata; alberi da frutta variopinti si dispiegavano su immacolate colline; simpatici agricoltori paffuti con le guance rosse, ripresi a girovagare a dorso di asino, decantavano l’autenticità “propri” prodotti naturali, adducendo che il meglio del meglio era ciò che vi avevano mostrato in figura o in video.
Ovvero? Cosa vi proponevano quelle réclame, oggi considerate un vintage della pubblicità?
Prodotti assolutamente perfetti. Mele senza bruchi, Verdure così belle e grandi che ci avrebbero rallegrato la vista se le avessimo usate come oggetti di arredo. Minuscole aziende a conduzione familiare di 30 metri quadrati in formato cartone animato che però potevano produrre alimenti e snack per due continenti…che strano!

Il dilemma del Biologico
Se vogliamo parlare di piccole produzioni locali, di artigianato conserviero, magari in parte anche di produzione BIO e soprattutto do prodotti germinati, cresciuti e raccolti in Italia, allora dobbiamo parlare di produzioni più esigue che possono soddisfare poco in più della richiesta a km-0.
Non adoperare pesticidi ed erbicidi di sintesi chimica equivale a produrre di meno, semplicemente perchè su questo pianeta esistono insetti, parassiti, afidi, cimici, bruchi, talpe, e conigli (solo per fare un esempio) che si nutrono esattamente delle stesse pietanze che piacciono anche a noi: il pianeta è anche loro. La produzione del biologico italiano, oltre che tutte le altre produzioni “fatte per bene” è estremamente più esigua ed anche per questo costa di più.
Ottimizzare un raccolto, magari creando una lotta biologica tra specie antagoniste non è semplice ed anche per questo motivo la campagna oggi è cambiata.
Una discreta porzione dei lavoratori agricoli attuali è letteralmente fuggita dalla città: si tratta di una inversione di tendenza epocale. A partire dal 2008 si è notato un boom di crescita nelle iscrizioni a Facoltà agro-alimentari, segnale di una forte volontà tra i giovani di reinventare una cultura contadina 2.0. Gli apripista di questa nuova capacità attrattiva della campagna sono sicuramente stati gli agriturismi, che offrivano ai lavoratori delle città (e non solo) un ottimo sistema per allontanarsi dai ritmi frenetici ed assaporare al contempo i prodotti coltivati nelle vicinanze e preparati in modo semplice, come da tradizione.

Il know-how agricolo
Tale rinnovato interesse si è accompagnato alla attenzione per le discipline nutrizionistiche ed alla crescente richiesta di prodotti non appartenenti alle filiere della grande distribuzione, tra i quali anche l’IT-BIO (il biologico fatto esclusivamente con prodotti italiani). Anche noi di Cibo Sicuro, prima di farne un mestiere eravamo semplicemente attenti a ciò che mettevamo nel piatto ed oggi riscontriamo questa stessa attenzione nei nostri clienti.
Prima di piantare un pomodoro e prima di raccoglierlo, il contadino moderno, soprattutto quelli che sono passati alla produzione di alimenti biologici, conoscono la botanica sistematica della pianta, ne comprendono i valori nutrizionali, l’evoluzione del seme, le caratteristiche e l’ecologia. Sono dei veri professionisti della natura che sanno comunicare il loro operato attraverso i mezzi digitali. Conoscono ogni minimo dettaglio e sanno come fronteggiare le variabili non calcolabili della natura, come le gelate, la grandine o le cosiddette bombe di caldo.
Insomma, preparatevi a cambiare idea sulla realtà contadina e non lasciatevi scappare l’occasione, qualche volta, di andare a fare la spesa direttamente da loro, saltando tutti gli intermediari e rendendo voi stessi parte integrante della filiera di produzione e trasporto di ciò che mettete nel piatto.
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